Sense8: la recensione della seconda stagione della serie Netflix





La prima stagione di Sense8 aveva lasciato molti spettatori incredibilmente ammirati dallo sviluppo di questa serie sia per quanto riguarda l’innovazione, sia per la freschezza di molte scene che avevano decisamente convinto. La prima stagione, per certi versi era stata lieve e spensierata, lasciando allo spettatore un senso di gioia, mischiato alla riflessione per le tematiche affrontate, ma lo speciale di Natale aveva un po’ riportato tutti coi piedi per terra, perché era indubbiamente una stanca ripetizione di quanto già visto. La seconda stagione cambia marcia, rinnovandosi e prendendo direzioni differenti, che servono a far scorrere una storia che rischiava di andare fuori giri, esaltandone i pregi in molte parti, ma mettendo in luce anche alcuni difetti e rischi, che chiaramente andavano presi, e quindi la scelta è giusta, ma dobbiamo ancora vedere dove porteranno. L’intreccio del Sense8 garantisce varietà ma non tutta l’offerta è dello stesso livello La forza del Sense8 è, metaforicamente, anche la forza della serie, perché l’insieme di 8 personaggi così differenti, non solo a livello personale, ma anche a livello di registro narrativo, consente allo show di avere un continuo cambio di spartito, alternando differenti generi e punti di vista. Molti dei punti forti della storia coincidono con l’unire le differenti esperienze per creare qualcosa di armonioso, metafora del messaggio di Sense8, ma è lo spacchettarsi continuo in diversi filoni che consente di mantenere l’attenzione alta, grazie al passaggio per diversi generi narrativo, dal crime hard boiled, al sentimentale, dallo spionistico a quello più prettamente comico. Il fatto di farlo perché si evidenziano i differenti punti di vista narrativi rende il tutto molto naturale.

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Pubblicato il: 16 Maggio 2017

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